INVALIDI CIVILI TOTALI: SCATTO INCREMENTO PENSIONE DI INABILITÀ

INVALIDI CIVILI TOTALI: SCATTO INCREMENTO PENSIONE DI INABILITÀ
Il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole perché le minorazioni fisico-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto e i cinquantanove anni.
L’importo mensile della pensione di inabilità spettante agli invalidi civili totali, oggi pari a 286,81 euro, “è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente” ad assicurare agli interessati il “minimo vitale”, ma il suo adeguamento rientra nella discrezionalità del legislatore.
Tuttavia, gli invalidi civili totalmente inabili al lavoro hanno diritto al cosiddetto “incremento al milione” della pensione di inabilità (oggi pari a 651,51 euro) fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60.
Il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole in quanto “le minorazioni fisico-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento”: è uno dei passaggi della motivazione della sentenza n. 152 del 20 luglio 2020 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 38, comma 4, della legge n. 448 del 2001, stabilendo che i benefici incrementativi spettanti agli invalidi civili totali sono concessi ai soggetti di età pari o superiore a 60 anni, anziché ai soggetti di età superiore a 18.
La sentenza rileva che la maggiore spesa a carico dello Stato, derivante dall’estensione della maggiorazione agli invalidi civili non viola l’articolo 81 Cost. poiché sono in gioco diritti incomprimibili della persona; i vincoli di bilancio, dunque, non possono prevalere.