REDDITO DI CITTADINANZA: VERSO LA RIFORMA

REDDITO DI CITTADINANZA: VERSO LA RIFORMA
La misura, in fase applicativa, ha dimostrato che gli obiettivi prefissati non sono stati ottenuti anzi, talvolta, è stato ottenuto proprio l’effetto contrario. Si necessita, quindi, di un’adeguata riforma.
Il reddito di cittadinanza rappresenta uno strumento di civiltà e di sostegno al reddito dei cittadini nella fase transitoria fra un impiego e l’altro.
Purtroppo però, la fase applicativa della misura ha dimostrato diverse lacune e spesso gli obiettivi perseguiti non sono stati ottenuti, anzi, per alcuni lavoratori si è verificato l’effetto distorsivo del disincentivo al lavoro, che rappresenta l’esatto contrario dell’idea che è alla base del sostegno.
A ciò si aggiunge che alcuni soggetti hanno percepito il reddito di cittadinanza pur non avendone diritto, ma sotto questo punto di vista gli organi di controllo hanno dimostrato di saper svolgere adeguatamente la loro attività di verifica.
Sotto i riflettori c’è il tema della capacità del sistema di collocamento di essere strumento efficiente per la collocazione degli inoccupati e percettori del sussidio; in ambito comunitario, gli strumenti di sostegno al reddito sovrapponibili a quella del reddito di cittadinanza hanno avuto successo solo nel momento in cui il sistema è stato in condizione di gestire le politiche attive in modo efficiente.
Il successo del sussidio, quindi, si è avuto quando i sistemi di politiche attive sono stati in grado di limitare temporalmente le fasi di transizione fra un rapporto di lavoro e l’altro e creare percorsi di riqualificazione che hanno generato una catena di valore da reimmettere nel mercato del lavoro.
Nel nostro paese è avvenuto esattamente il percorso opposto, infatti si è introdotto uno strumento di sostegno al reddito non accompagnato da un adeguato sistema di politiche attive.
Questo malfunzionamento è dimostrato dall’esperienza dei navigator: i dati del febbraio 2021 dicono che circa 3 mila navigator hanno svolto, nel periodo da settembre 2019 a dicembre 2020, una media di un colloquio al giorno; su una platea di circa un milione trecentocinquantamila percettori del reddito di cittadinanza, soltanto 350 mila hanno avuto un rapporto di lavoro di cui la maggior parte – circa il 65% – a termine e di questi il 70% inferiore ai sei mesi.
Appare evidente come il reddito di cittadinanza, così come è stato portato avanti, non ha prodotto gli effetti sperati ma da strumento di sostegno transitorio si è trasformato sussidio puro per carenza delle politiche attive.
Quindi, per un buon funzionamento del sistema, prima si dovrebbe riformare il meccanismo delle politiche attive per renderlo efficiente e soltanto dopo modellare il sussidio.
Quindi, se si è in grado di implementare politiche attive efficaci, di conseguenza reddito di cittadinanza sarà quello strumento di sostegno nelle fasi transitorie della vita del lavoratore non in concorrenza con il lavoro.