SUPERBONUS 110%: I COSTI PER MIGLIORARE LA CLASSE ENERGETICA

SUPERBONUS 110%: I COSTI PER MIGLIORARE LA CLASSE ENERGETICA

SUPERBONUS 110%: I COSTI PER MIGLIORARE LA CLASSE ENERGETICA

Il superbonus è la più ricca, ma anche la più complessa agevolazione edilizia mai introdotta in Italia. Per sfruttarla, serve una pianificazione iniziale impeccabile.

Diversi sono i passaggi per poter usufruire delle agevolazioni previste dal superbonus 110%:

  1. Occorre, innanzitutto, un’analisi di fattibilità: ad esempio, gli edifici con più unità di un solo proprietario sono stati esclusi dalle Entrate, così come quelli con abusi edilizi non sanati;
  2. serve, poi, una progettazione degli interventi, che includa la scelta delle tecnologie più adatte (caldaia a condensazione o pompe di calore integrate con il fotovoltaico, ad esempio), ma anche una stima dei costi e dei risultati in termini di efficienza energetica, perché bisogna migliorare di almeno due classi la “pagella verde” dell’edificio;
  3. completata la valutazione iniziale, il potenziale committente dovrà scegliere come “incassare” il voucher

Come spiegano le Entrate, per interventi sulle parti comuni degli edifici, non è necessario che il condominio nel suo insieme opti per lo sconto in fattura o la cessione del credito corrispondente alla detrazione. Anche se è evidente che le scelte differenti complicano molto la gestione, a partire dall’obbligo per l’amministratore di precostituire il fondo lavori con cui pagare l’impresa.

A CHI CONVIENE E COME USUFRUIRNE?

Usare in modalità tradizionale un superbonus da 44mila euro significa detrarre dall’Irpef 8.800 euro all’anno per cinque anni. Considerando che di solito i contribuenti hanno anche altri sconti fiscali, per non sprecare la detrazione serve un reddito di almeno 40-50mila euro annui.

È facile prevedere, comunque, che il grosso dei contribuenti sceglierà di cedere il bonus (o di scontarlo dalla fattura – anche in parte – se il fornitore è d’accordo). Anche perché l’uso diretto nel 730 o nel modello Redditi è impossibile per gli incapienti (pensionati al minimo, ad esempio) e i contribuenti nel regime forfettario (oltre 1,4 milioni di partite Iva a fine 2019).

Su un finanziamento di 40mila euro al condomino, gli interessi annui possono pesare per 2.500 euro, trasformando quel “saldo attivo” di mille euro in un esborso finale di 1.500.

Un onere che fa svanire il miraggio del “tutto gratis” ma che – anche sommato ai costi non detraibili – risulta poca cosa rispetto all’incremento di valore dell’immobile.